venerdì 28 novembre 2008

Tra Razzismo e Immigrazione

[Premessa: il lavoro ammetto è stato molto faticoso, sia perché i dati talvolta mancano sia perché la componente irregolare non è facile da stimare.
In ogni caso come al solito invito tutti coloro che ne sanno qualcosa a contribuire in modo da correggere eventuali errori o imprecisioni.]

Si sente spesso parlare dell’emergenza razzismo in Italia.
Mi sono posto l’obiettivo di cercare di spiegare (non di giustificare) la situazione attuale dell’immigrazione, della presenza straniera regolare e irregolare in Italia e ciò che questa riguarda.
Ci sono due tipi di fonti in questo campo: molte ONG, organizzazioni non governative e le fonti governative; mi sono concentrato sulle seconde, per avere un quadro il più possibile coerente.
Ho articolato il mio lavoro per punti, cosicché possa essere più facile consultarlo.

1) A quanto ammonta la popolazione degli stranieri in Italia?
La popolazione degli stranieri presenti in Italia si può osservare mediante due indici: stranieri (senza cittadinanza) sul totale dei residenti e stranieri nati all’estero sul totale dei residenti.
Il limite del primo indice riguarda il fatto che non tiene conto degli stranieri che acquisiscono la cittadinanza, perché scompaiono dalle statistiche come stranieri e il limite del secondo è che non tiene conto dei figli degli immigrati nati in Italia, che per qualsiasi motivo non hanno una cittadinanza.
Partiamo dal primo.
Nel 2007 in Italia ci sono 2.938.900 stranieri senza cittadinanza (non siamo affatto ai primi posti per numero in Europa), circa il 5% della popolazione totale italiana.
Si può notare, facendo un grafico dei valori assoluti degli stranieri presenti, che l’incremento più ingente si è verificato nel periodo 2003-2007, nel quale la percentuale di Stranieri sui residenti è passata dal 2,7% al 5%.



In un paese come la Francia per esempio, la quota di stranieri senza cittadinanza sul totale dei residenti è più o meno invariata nel tempo recente, questo potrebbe essere dovuto al fatto che: o hanno proporzionato le concessioni di cittadinanza all’incremento annuale di stranieri che si verificava, o non è arrivato alcun nuovo straniero.
Facciamo un esempio: al 2000 ci sono 100 stranieri in Francia, ponendo il saldo iniziale 0 e l’arrivo fisso di immigrati ogni anno, al 2001 dovremmo avere 200 stranieri non cittadini, invece ne abbiamo ancora 100, questo vuol dire che o non ne sono arrivati e nessuna cittadinanza è stata concessa (ma è un esempio alquanto bizzarro) oppure quelli del 2000 sono diventati tutti cittadini e ne sono giunti ancora 100.
Sono esempi estremi, ma il secondo esempio è più plausibile del primo, la verità starà nel mezzo, cioè che ne saranno arrivati un po’ meno e avranno concesso molte cittadinanza (tenderei ad escludere il fatto che se ne siano andati).
Quindi da un semplice esempio risulta che, anche se la Francia (secondo i dati del rapporto in esame) ha più stranieri senza cittadinanza dell’Italia, arrivano meno stranieri e il processo di naturalizzazione è più forte di quello Italiano.
Anche il Belgio è un esempio molto interessante e simile a quello francese, come la Danimarca e la Germania.
L’unico dato che si può estrapolare dal secondo metodo di rilevazione (essendo presente solo il valore del 2001) è che la quota di stranieri è quasi identica alla quota di quelli nati all’estero presenti in Italia.
Questo significa che quasi tutti gli stranieri non cittadini sono stranieri nati all’estero e appunto significa che ci sono pochi stranieri diventano cittadini in Italia, perché altrimenti i dati dovrebbero essere molto discordi.
Purtroppo su questa categoria di dati le analisi sono instabili a causa appunto della carenza.

2) Com’è strutturata la popolazione straniera in Italia?
Per esaminare la popolazione straniera in Italia possiamo utilizzare anche qui due fonti: il numero di permessi di soggiorno rilasciati dalla questura (stranieri regolari) e i dati provenienti dall’anagrafe.
Entrambe queste rilevazioni non tengono conto degli immigrati irregolari e la prima esclude i figli di immigrati perché essendo a carico dei genitori non hanno permesso di soggiorno.
Le due fonti si integrano, dalla prima attingiamo al numero degli stranieri con regolare permesso di soggiorno e dalla seconda possiamo prelevare il numero dei figli di immigrati.
Dalla prima fonte apprendiamo che in Italia ci sono 2.414.972 stranieri con regolare permesso di soggiorno, il picco maggiore di emissione di permessi di soggiorno si ha nel 2004 per effetto delle cosiddette regolarizzazioni: dal numero di 1.503.286 al valore di 2.227.567, esattamente 724.281 permessi di soggiorno rilasciati.
Questo dato generico diventa molto interessante se confrontato con le varie zone d’Italia.
I permessi di soggiorno emessi nel Nord sono più della metà del totale dei permessi emessi in tutta Italia, e quindi superano persino la somma dei permessi emessi nel Centro e nel Sud.
Nel Nord Italia i permessi di soggiorno emessi sono aumentati per effetto dell’aumento degli immigrati, nel Sud Italia sono addirittura diminuiti.



Sono possibili a mio parere due analisi alla luce di questi dati: o al Sud c’è una maggior propensione all’irregolarità e quindi ci sono meno stranieri con i permessi di soggiorno, oppure tutti gli stranieri che arrivano migrano al Nord in cerca di migliori condizioni economiche (non dimentichiamo che il PIL del Sud Italia è nettamente inferiore al PIL del Nord Italia).
Come possibile, la verità starà nel mezzo: al Sud figurano meno stranieri con permesso e quindi irregolari, ma d’altro canto non ci sono molti stranieri (regolari e non) perché chi può migra al Nord in cerca di lavoro.
Inoltre come citato nel rapporto Istat 2007:

“Ad attrarre gli stranieri sono soprattutto i sistemi non manifatturieri (oltre 1,4 milioni di individui, pari al 48,2 per cento del totale) e i sistemi del made in Italy (oltre 1,1 milioni, pari al 37,5 per cento del totale), nei quali si concentra l’86 per
cento della popolazione straniera residente in Italia. In particolare essi risultano concentrati soprattutto nelle aree urbane ad alta specializzazione e nei sistemi della fabbricazione di macchine (Tavola 3.6). Si deve sottolineare però che la presenza di popolazione straniera nei sistemi locali con differenti specializzazioni produttive prevalenti non implica necessariamente l’impiego della medesima forza lavoro all’interno di quello specifico settore della produzione. Come è noto, infatti, gli stranieri si collocano spesso in nicchie del mercato del lavoro e danno luogo a forme di specializzazione etnicamente connotate.”

Veniamo ora a come è strutturata la popolazione straniera, da chi è composta.
Recentemente il divario tra immigrati di sesso maschile e femminile è stato colmato per merito dei ricongiungimenti familiari; infatti l’immigrazione in Italia ha mostrato segni di assestamento, divenendo meno eterogenea che in passato in quanto ad etnie migranti.
I primi paesi che figurano tra i maggiori apportatori di immigrati in Italia sono: Albania, Romania, Marocco, Cina, Ucraina.
Il rapporto Immigrazione Barbagli inoltre afferma:

“La tab. XIII.2, che ricordiamo è relativa alla sola Lombardia, ci dice che l’incidenza di irregolari varia nel tempo, e a seconda della nazionalità. Le nazionalità le cui migrazioni in Italia risalgono più indietro nel tempo hanno percentuali di irregolari comparativamente inferiori. Oggi Sri Lanka, Cina, Filippine, Albania, India, Pakistan, Marocco, Senegal, Tunisia hanno quote relativamente modeste di irregolari. Sono invece particolarmente elevate le presenze irregolari di coloro che provengono dai paesi dell’Europa orientale, come Romania e Ucraina. Che le migrazioni provenienti dall’Europa orientale abbiano livelli relativamente superiori a quelli della altre migrazioni sembra confermato anche da indagini campionarie limitate ad alcune specifiche nazionalità, in alcune regioni del paese. Un’indagine condotta ormai alla fine degli anni Novanta in Campania, Lazio e Veneto, mostrava – per esempio – quote elevate di illegali nella
popolazione di origine polacca e albanese. Tra i polacchi in Campania, ad esempio, questa quota raggiungeva l’87%”

I dati sono relativi solamente alla Lombardia, ma non vedo perché non possano essere estesi al resto d’Italia.

3) Perché si possono verificare episodi di razzismo in determinate zone d’Italia?
Il discorso come ben si può immaginare è complesso.
Può essere utile partire da qualche considerazione presa direttamente dal rapporto annuale Istat 2007

“Gli stranieri denunciati nel 2006 sono stati oltre 100 mila. La quota degli stranieri sul totale dei denunciati varia però molto in base al tipo di reato commesso. Secondo i dati forniti dal Ministero dell’interno la quota di stranieri è minima nel caso delle rapine in banca o presso gli uffici postali (rispettivamente 3 e 6 per cento) e molto elevata nel caso dei borseggi (furto con destrezza),
praticati in sette casi su dieci da uno straniero.
Quanto ai reati violenti, un terzo è compiuto da stranieri: si va dal 39 per cento dei denunciati per violenze sessuali al 36 per cento degli omicidi consumati e al 27 per cento dei denunciati per lesioni dolose.
[…]
Ve ne sono alcuni che vengono commessi quasi esclusivamente da irregolari e altri, invece, che vengono in parte compiuti anche da regolari. Tra i primi, con quote intorno all’80 per cento, vi sono i reati contro la proprietà (soprattutto borseggio, furto di automobile o in appartamento). Tra i secondi, in cui le quote di irregolari tra i denunciati si aggirano intorno al 60 per cento, vi sono la rissa, le lesioni dolose, la violenza carnale, lo sfruttamento della prostituzione, il contrabbando e le estorsioni (Figura 5.17).”

Ma almeno per gli omicidi non c’è poi così tanto da preoccuparsi:

“In circa tre casi su quattro la vittima di un omicidio effettuato da uno straniero è a sua volta uno straniero. In particolare, spesso vittima e assassino hanno la stessa nazionalità: sembrerebbe quindi che la crescita degli omicidi che vedono coinvolti gli stranieri sia collegata più a questioni interne al gruppo che contro la società italiana nel suo complesso.”

Forse non c’è un motivo specifico per il quale possano verificarsi, tuttavia è comprensibile il fenomeno nel Sud Italia, dove la presenza di immigrati Irregolari (secondo la fondazione Ismu) sul numero degli immigrati totali è maggiore che nelle altre regioni italiane (ilsole24ore del 12-05-08: “La rotta dei clandestini punta sulle città del Nord”).
Perché è comprensibile? Perché le province del Sud sono le uniche che presentano valori percentuali di irregolarità su stranieri totali di ordini superiori al 25% e inoltre perché il valore medio percentuale di irregolari del Sud è 23 irregolari su 100 stranieri visti; mentre quello del Nord è: 16,7 irregolari su 100 stranieri visti.
Se invece si esamina il valore medio percentuale degli irregolari sul totale dei residenti, troviamo che è il Nord al primo posto con lo 1,3% seguito dal Sud con lo 0,5%.
Questo cosa significa? Che al Nord ci sono più immigrati irregolari che al Sud, ma al Sud il tasso calcolato sul totale di stranieri è più alto perché ci sono meno stranieri regolari.
In sostanza nel Sud Italia ho una minore possibilità di incontrare uno straniero irregolare in una folla mista, ma se dovessi capitare in una folla di stranieri la probabilità di incontrarlo è assai maggiore; al Nord accade il contrario.
Al Sud quindi ci sono pochi stranieri e di quei pochi che ci sono una buona parte sono irregolari, mentre al Nord ci sono molti stranieri e pochi irregolari rapportati agli stranieri.
E’ quindi possibile che al Sud uno straniero sia giudicato male in quanto tale dato il maggior tasso di irregolarità tra stranieri ed è possibile il proliferare di reati contro lo straniero, anche da parte degli altri stranieri regolari.
Mentre al Nord la presunta minaccia non è legata tanto all’irregolarità, ma alla semplice maggior presenza.
L’incendio del campo Rom a Napoli (azione da condannare e punire) si può quindi comprendere (ma ovviamente non giustificare) perché la città di Napoli presenta un tasso di irregolari sul totale stranieri del 31,7%.
E’ perfettamente possibile che molti altri episodi si possano spiegare in questo modo.
Giusto per essere completi, la stima del numero di immigrati irregolari in Italia a 650.000 nel 2008 (la fonte è sempre la Fondazione Ismu).

4) Come i giornali parlano del fenomeno dell’immigrazione e ciò che è a questo correlato?
L’analisi effettuata nel documento sull’immigrazione del ministero dell’interno (Barbagli), effettua l’analisi su 3 giornali diffusi tra la popolazione: La Stampa, Repubblica e Il Corriere della Sera.
Dai dati emersi si estrapolano parecchie considerazioni, vediamone qualcuna presa direttamente dal documento:

“l’intensità dell’interesse per il tema varia più volte sul lungo periodo: dopo una fase di basso interesse per il tema un improvviso picco scatena un ciclo di attenzione relativamente di breve durata a cui fa seguito una fase di declino e, successivamente, una di interesse crescente nel lungo periodo, come si vede dalla forma a U – frastagliata dalla presenza di ulteriori cicli di breve durata – visibile in particolare nella parte centrale del grafico in figura XIV.1.
[…]
tanto nella fase declinante (ottobre ’90-luglio’92, e poi ancora fino all’inizio del 1994), quanto in quella crescente (tutto il periodo successivo fino al calo rapidissimo dopo l’entrata in vigore della Bossi-Fini, e la chiusura del provvedimento di sanatoria), l’andamento dell’interesse misurato in base al numero di articoli non è lineare ma caratterizzato dalla presenza di bruschi picchi di attenzione, tra cui se ne riconoscono otto principali, di cui parleremo più oltre, più i
quattro successivi alla sanatoria legata alla Bossi-Fini, e senza considerare un altro discreto numero di picchi di intensità inferiore.”

In questo caso si apprendono anche cose interessanti; per esempio la grande attenzione dei media oltre che a concentrarsi sui fatti in sé transita anche parecchio sul conflitto tra posizioni politiche:

“Se la ragione scatenante dell’interesse è un fatto di cronaca, a cui fa seguito una mobilitazione politica, già nel mese successivo agli articoli sull’omicidio si affiancano quelli relativi al dibattito sulla legge 39 del 1990, meglio nota come «legge Martelli»4. Nel febbraio del 1990 il numero di articoli è oltre tre volte superiore a quello del mese precedente, e nel mese successivo oltre otto volte. Senza il forte conflitto politico collegato alla legge Martelli, l’immigrazione difficilmente avrebbe potuto essere un tema da quasi tre articoli al giorno. Alla rapidità di crescita dell’interesse fa da contrappasso una grande rapidità nel calo dell’interesse stesso. Due mesi dopo il picco il numero di articoli è già tornato a una quota fisiologica”

Inoltre:

“sono sostanzialmente due i temi che innescano rilevanti cicli di attenzione sull’immigrazione nel nostro paese, riservandoci più avanti di analizzarli nel dettaglio. Il primo tema è, appunto, il dibattito sulla riforma della legge sull’immigrazione, che compare a ogni cambio di maggioranza, e che si accompagna a discussioni sulla ineluttabilità di una sanatoria, oppure ancora sui decreti flussi e la loro entità. Il secondo tema è costituito dagli sbarchi di clandestini sulle coste. Entrambi questi temi sono ciclici; pluriennale il primo, stagionale il secondo. Il primo compare infatti a cadenza quadriennale, in coincidenza con la proposta di riforma, e con l’unica eccezione della legge del tutto trascurata del 1986. Il secondo compare regolarmente in estate, nel periodo compreso tra maggio e settembre, e occasionalmente si accompagna a temi quali la sicurezza o la criminalità o la presenza di clandestini.”

Per avere conferma di tutto ciò basta osservare i grafici che illustrano alla perfezione queste osservazioni (disponibili nel documento).
Riassumendo dunque abbiamo: periodicità non dettata da un odio nei confronti degli immigrati, ma dettata dall’attenzione politica all’evento, cioè anche dal risalto parlamentare e legislativo che questa ha.

5) Esiste l’emergenza razzismo in Italia?
Prima di cominciare espongo il mio presupposto: parto dal presupposto che una persona condannata sia colpevole e una persona assolta sia innocente, cioè ritengo più attendibili per determinare il fenomeno i dati sui condannati piuttosto che le denunce, ma non mi esimerò dal riportare entrambi i dati.
Questa è la domanda a cui è più difficile dare risposta: l’ultimo annuario giudiziario penale dell’Istat risale al 2006 e riguarda l’anno 2004.
Nel 2004 le denunce per discriminazione razziale sono state 48, le condanne non sono dichiarate; le persone denunciate 57 e le persone condannate 15.
Nel 2003 le denunce per discriminazione razziale sono state 59, le condanne non sono dichiarate; le persone denunciate 100 e le persone condannate 5.
Nel 2002 le denunce per discriminazione razziale sono state 50, le condanne non sono dichiarate; le persone denunciate 112, e le persone condannate 28.
Nel 2001 le denunce per discriminazione razziale sono state 36, le condanne non sono dichiarate; le persone denunciate 17 e le persone condannate 6.
Del 2000 non ci sono dati disponibili dall’Istat.
Nel 1999 le denunce per discriminazione razziale sono state 49, le condanne non sono dichiarate; le persone denunciate 24 e le persone condannate non sono dichiarate.
Mostriamo qualche grafico di questo breve periodo e poi traiamo le conclusioni.



Sapete che considerazioni statistiche si possono fare? Nessuna.
I dati sono troppo pochi e troppo eterogenei tra loro per stilare un modus operandi di questi reati.
Inoltre i dati disponibili accertati e verificati sono disponibili fino al 2004, dunque lievemente datati, ma dato l’andamento precedente non si capisce perché ci sia così tanta certezza nell’emergenza razzista cioè di un aumento spropositato dei reati di razzismo in Italia.
L’unica spiegazione è che le ONG abbiano dati molto discordanti a riguardo o che semplicemente, come accade per qualsiasi cosa, si strumentalizzi politicamente la questione.
L’unica risposta che si può dare a questa domanda: “c’è l’emergenza razzismo in Italia?” è: non si può dare una risposta compiuta perché il nesso causale tra ciò che accade nel panorama politico italiano e il numero dei condannati è labile; basti pensare al dibattito sulla legge bossi-fini e alla questione di voto agli immigrati nel periodo 2002-2003, abbiamo due valori molto distanti di condannati, rispettivamente 28 e 5 negli anni 2002 e 2003, quando, se fosse come afferma chi sostiene la teoria: il razzismo aumenta se parli di più degli stranieri, si dovrebbero avere in entrambi i periodi valori alti.
Quindi chi afferma che l’Italia sia un paese razzista instilla nelle persone un senso d’essere circondato da mostri che ogni giorno compiono reati di discriminazione razziale, quando invece al massimo valore nel periodo esaminato, i condannati sono stati solo 28, cioè 4,8 ogni 10 milioni di abitanti.

Epilogo: quando usciranno futuri rapporti mi preoccuperò di seguire nuovamente l’argomento.

[Fonti:
“La rotta dei clandestini punta sulle città del Nord”, sole24ore del 12-05-08
“1° rapporto sugli immigrati in Italia” (detto anche rapporto Barbagli), Dicembre 2007, ministero dell’interno
Tavole delle statistiche giudiziarie penali a cura dell’Istat anni: 1999, 2001, 2002, 2003, 2004 (il 2000 non è disponibile)
“rapporto annuale, la situazione del paese nel 2007”, Istat]